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Il 18 aprile 1944 rappresenta il seme dal quale ha germogliato la nostra associazione. In quella data i vescovi del Piemonte dal Cardinal Fossati al nostro Monsignor Carlo Rossi indirizzarono una lettera nella quale erano indicati i principi a cui ispirarsi nel preparare i futuri assetti del Paese dopo una guerra che si sperava volgendo al termine. La lettera seguiva una serie di messaggi che regolarmente giungevano a un gruppo di Biellesi che, noncuranti dei pericoli, si incontravano nelle disadorne sale dell’asilo di Biella Piano in quella che diventerà poi via Gramsci. Tra queste persone vi era l’Arch. Trompetto, il membro cattolico del CLN, Guido Martignone, Don Ferraris e un giovane professore universitario, Giuseppe Pella. Proprio quest’ultimo era il collegamento tra Torino e Biella, tra i circoli cattolici della capitale piemontese e il gruppo del centro Rosminiano biellese. Un gruppo coraggioso che si incontrava a poche centinaia di metri da quella che diventerà la sede della Gestapo, Villa Schneider dove Giuseppe Pella passerà due notti in cui cercherà di spiegare a tedesche e repubblicani cosa andava a fare a Torino. Fortuna volle che a Torino occupasse la cattedra di tecnica bancaria alla facoltà di Economia e Commercio e questa giustificazione, anche se con qualche perplessità, venne ritenuta sufficiente dai suoi inquirenti.
Ma cosa conteneva quel messaggio del 18 aprile 1944 ?
E perché riteniamo che quello sia stato il seme che ha fatto germogliare, in un gruppo di commercianti, la futura Ascom ?
In quel messaggio più volte si sottolineava la necessità di non farsi travolgere dalla violenza e dalla arroganza dittatoriale e si esaltava lo spirito di fraternità e la necessità assoluta di essere solidali.
Molti di quei commercianti presenti erano gli operatori grazie ai quali molte famiglie, in situazioni di grave disagio per i famigliari al fronte o in montagna, riuscirono a sopravvivere ed era la risposta dello spirito cristiano alla logica della cooperazione marxista.
Con queste basi fu quasi naturale che pochi giorni dopo l’armistizio, i commercianti rappresentanti di quei gruppi, fossero presenti alla costituzione della Confcommercio nazionale che ai principi di libertà, di iniziativa economica e solidarietà faceva riferimento.
In ogni paese del Biellese il negozio di vicinato diventò il riferimento quasi politico in alternativa alla Alleanza Cooperativa . Spesso i commercianti che gestivano negozi con caratteristiche molto vicine agli attuali mini – market e senza essere ancora vincolati dalle norme che regolamentarono il commercio negli anni ‘ 50 furono in fondo, i banchieri delle famiglie in difficoltà o fornirono a molti lavoratori il credito al consumo “ quindicinale “ con lo storico “ libretto “ che aveva un’analogia quasi con i titoli di credito.
Nelle sale dell’edificio di via Gramsci mosse quindi i primi passi una struttura particolare la cui ossatura era legata in modo preponderante ai panificatori ( il primo vero sindacato di categoria della associazione ).
Quelle sale non erano più sufficienti. I non commercianti le lasciarono per l’ex teatro Villani dove dettero vita al partito della Democrazia Cristiana e dove, un anno dopo, festeggiarono l’elezione del giovane professore universitario e commercialista Giuseppe Pella all’Assemblea Costituente.
In occasione della scissione della CGIL i locali ospitarono la nascita della CISL e così la giovane Ascom di Biella si trasferì in via Sabadell.
Ben presto la crescita degli aderenti all’associazione fu tale da necessitare locali ampi, sale riunioni, uffici e fu inevitabile trasferire la sede in piazza Vittorio Veneto. Avendo raggiunto i duemila soci fu quasi una scelta obbligata trasformare il consumo in investimento “ mettendo su casa “.
Nel frattempo sono cambiati usi, costumi, consuetudini alimentari e il commercio ha visto rivoluzioni e involuzioni notevoli; purtroppo molti eventi hanno comportato una desertificazione commerciale impensabile settant’anni fa.
I danni che ne sono derivati ci costringono a un impegno a volte anche estenuante per difendere le nostre borgate, le nostre valli, perché un negozio di vicinato, un centro di somministrazione sono un servizio sociale.
Il commercio degli anni 2000 accanto alla solidarietà, alla libertà e all’impegno vuole qualifiche e professionalità sempre più elevate e questi sono impegni ai quali l’associazione deve e dovrà, sempre, dare risposte il più esaurienti possibile.